Viaggio nella terra dei morti by Marco Scardigli

Viaggio nella terra dei morti by Marco Scardigli

autore:Marco Scardigli [Scardigli, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Utet
pubblicato: 2018-10-02T22:00:00+00:00


Chi erano gli imboscati?

La parola “imboscato” era una delle più frequenti nel vocabolario del fante: un termine con mille accezioni e mille significati, ma facile nel concetto di base:

Addio mia bella addio!

L’armata se ne va

Però non parto io

Che invece resto qua!3

Come figura caratteristica, quasi un personaggio della commedia dell’arte, l’imboscato si delineò compiutamente solo con il finire della guerra, nelle vignette della “tradotta”, dove era rappresentato da un giovane esangue, moscio, curato e ben pettinato, comodamente seduto a una scrivania a cui era ancorato da inamovibili radici:

L’imboscato saldo, saldo,

nel suo ufficio fuma al caldo,

ed espone ardito il petto,

contro il fuoco, al caminetto.4

Avversario dell’imboscato era il dottor Ciucca, geniale inventore con il chiodo fisso di volere “disboscare” gli imboscati e mandarli al fronte. Ma nonostante l’ingegno e le incredibili macchine che approntava, il povero dottore usciva sempre sconfitto dalla resistenza delle radici dell’imboscato, tant’è che alla fine doveva ammettere:

Tutto è moto nel creato,

solo immoto è l’imboscato!5

Senza possedere un simile umorismo, i soldati si crucciarono per tutta la guerra rendendosi conto dell’iniqua ripartizione dei sacrifici.

I soldati erano esasperati perché sapevano che dietro a loro v’era un esercito di imboscati, di giovanotti diventati grassi e paffuti alle mense dei comandi, che diventavano viziosi facendo l’ordinanza; che diventavano insopportabili oziando negli uffici e che non avevano altra preoccupazione che quella di stringersi le mollettiere alle gambine secche e di farsi la scriminatura, ed assumere delle arie da Marcello di fronte a tutte quelle prodighe Mimj.6

Quando il soldato andava in licenza, toccava con mano che l’ingiustizia era ancor più grande di quanto pensasse.

Se umilmente [il soldato in licenza] domandava notizie di una persona che non vedeva da tempo, spesso la buona gente gli rispondeva: «Quello sì che è un ragazzo intelligente! È riuscito ad imboscarsi!».7

«Oh, chi si vede! Tu ancora al mondo? Oh, dico bene, Bartolini, sei tu: e sempre al fronte? Siete sempre tra i sassi, lassù? In quanto a me sono venuto via.» Così discorrendo parla d’uno zio che è stato buono a farlo esonerare; uno zio influente. «Ora» racconta «fabbrichiamo spolette, da shrapnels a doppio effetto; una cosa nuova, un’invenzione stupida, sai? Ma, dico bene, stupida; la miccia gira nel senso inverso delle solite; tant’è, sono riuscito a imboscarmi. Eppoi, un mal di petto, tu lo sai! Ma, di mo ben su, come va che uno intelligente come te sta ancora al fronte? Non ti vergogni?»8

Imboscato non era solo chi riusciva a rimanere a casa o a farsi destinare ai lavori d’ufficio, evitando così le fatiche e i rischi della guerra: era chiunque non fosse soldato e non condividesse pericoli, sofferenze e modo di vivere e pensare dei soldati. Un concetto di filosofia popolare soggettivo e multiforme così riassunto da Mario Silvestri:

«Fate largo, imboscati!» diceva la pattuglia, rientrando dalla perlustrazione, a coloro che avevano montato la guardia, fucile alla mano, lungo gli spalti della trincea. Per costoro erano imboscati quelli che presidiavano le seconde linee (non poi tanto protetti, poiché su di essi si accaniva più spesso l’artiglieria avversaria). Per tutti, solidalmente, era imboscato il personale dell’artiglieria campale, trecento metri più addietro.



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